giovedì 31 luglio 2014

L'alfabeto Ogham

La magia della parola

L'esercizio dell' "Arte della parola" era utilizzato tanto dai Druidi quanto da tutti gli "uomini d'arte", per mantenere un armonioso e regolare svolgimento della vita sociale. Praticato dai Bardi, o File in Irlanda (Filin al plurale), aveva un ruolo fondamentale; era utilizzata, infatti, per la trasmissione dei precetti religiosi, della conoscenza della Natura e delle formule magiche per controllarne le forze, del sentimento dell'identità attraverso la ripetizione dei miti, delle leggende e delle storie del passato. La figura assumeva così connotazioni di Vate, guaritore e dell'indovino.
Dal bardo o file così inteso, si differenziò il cantore, soprattutto dopo l'avvento del Cristianesimo, fulcro dei momenti di riunione.
Formatisi in un lungo apprendistato, i filin che decisero di dedicarsi alla vita religiosa contribuirono all'organizzazione del monachesimo nordico. Quelli che preferirono restare "nel mondo" costituirono gli antenati dei menestrelli medioevali nomadi.
I filin coltivavano diverse specializzazioni, o "generi" di interessi; la storia (genealogie e panegirici), il diritto, la narrazione poetica, la satira, la medicina e la musica.
L'apprendistato del poeta comportava un applicazione di molti anni e di sette stadi successivi. A ciascuno degli stadi corrispondeva l'obbligo di imparare a memoria un certo numero di composizioni,fino ad arrivare ad un totale di trecentocinquanta. Oltre a questo poderoso esercizio della memoria l'allievo doveva imparare la grammatica, la versificazione, i diversi stili di composizione e così via. Il maestro era affiancato da assistenti e da poeti esperti.
Potevano accedere, alle scuole di poesia, tutte le classi sociali, purché dotati di buona memoria e fossero predisposti per l'uso della lingua.
Le lezioni e le esercitazioni si tenevano al buio, per evitare le distrazioni e per poter attingere tutte le energie possibili della mente.
La parola irlandese che significa "insegnare" equivale a "cantare" e ciò da un'idea del perché fossero importanti il ritmo e l'intonazione. Altro supporto mnemonico era costituito dal ricorso alle cosiddette triadi bardiche, ovvero al raggruppamento delle nozioni da apprendere in tre aforismi tra loro collegati, metodo che veniva applicato in tutte le discipline.

L'alfabeto Ogham

Tutte le grandi civiltà del passato hanno due tipi di staria da studiare: una esteriore, formata da dogmi e miti insegnati in scuole o attraverso il culto religioso, che si svolge alla luce del sole ma non per questo completamente chiara; ed una storia più intima, la tradizione esoterica di ogni popolo, difficile da interpretare poichè si sviluppa nel profondo dell'animo e non viene diffusa, in quanto è più intuitiva.
Ed è studiando questa storia che s'incontra la vera essenza di simboli quali l'alfabeto Ogham. Ma procediamo con ordine.

Per prima cosa sfaterò il miti secondo il quale Ogham e Rune appartengano allo stesso mondo. Difatti le Rune sono apparse in Irlanda solo verse il II-III Secolo d.C. ad opera dei Vichinghi, mentre invece l'Ogham era già utilizzato con sapienza e maestria dai Druidi da secoli.

L'Ogham è un linguaggio universale ed è una scrittura magica. Ogni lettera dell'alfabeto può rappresentare non solo gli alberi, ma anche gli animali, i minerali, i colori e tutto ciò che è presente e "vivo" nel nostro mondo.
In inverno, per esempio, quando tutto pare tacere, sono i minerali a parlare. Così in primavera sono gli alberi, in estate gli animali ed in autunno di nuovo gli alberi. Per gli antichi l'Ogham era un carattere prettamente magico, per questo non era semplice individuare una chiave di lettura comune perchè ogni singolo Ogham ha un suo significato profondo che deve esprimere.

Le leggende narrano che l'inventore di questo alfabeto magico fosse il dio Ogma (o Ogmios), il quale presiedeva all'eloquenza e al potere della parola.
Si narra fosse capace d'incatenare a se col la sola forza delle parole chiunque l'ascoltasse. Escogitò, dunque, questo alfabeto per provare la propria ingegnosità e generosità, donandone la conoscienza solo alla casta dei Druidi, antichi dententori del sapere.
Purtroppo esistono diverse varianti di questo alfabeto, frutto delle diverse scuole druidiche che operavano in assoluta segretezza, ma si sospetta che la sua radice comune fosse un qualche sistema di conteggio a tacche.
Lo scrittore e poeta Robert Graves cercò di unificare le diverse scuole costruendo una sorta di alfabeto universale accostandolo al calendario arboreo, anche se in realtà tra l'Ogham e il calendario celtico non v'è alcuna attinenza.

Esistono due tipi di scrittura Ogham:

La scrittura Nord/Sud, parte cioè da Nord (la Terra degli Avi) e giunge a Sud (l'Origine della Luce). Questo tipo di scrittura esprime l'inconscio, permettendo di raggiungere le forze profonde dell'essere umano e della natura;
La scrittura Est/Ovest che parte da Est (la Primavera, la Rinascita) e giunge ad Ovest (la Terra dell'Altromondo, il Passaggio delle Anime). Questo tipo di scrittura rappresenta lo stato cosciente ed evidente: l'uomo e la Natura che si esprimono nel modo a loro più congeniale.
L'alfabeto prese comunque nome di Ogham craobh (alfabeto arboreo), o Beith-luis-Nion. il nome dei tre alberi associati da Graves alle prime tre lettere dell'alfabeto.
Questo particolare alfabeto utilizza come metodo di scrittura la direzione Est/Ovest procedendo dall'alto verso il basso e da sinistra verso destra.
E' costituito da venti lettere (Feda): quindici consonanti e cinque vocali.
Ogni gruppo di cinque lettere costituisce una famiglia (Aicme), che prende il nome dalla sua prima lettera. Ci saranno dunque:

Aicma Beithe (B);
Aicma hỪatha (H);
Aicma Muine (M);
Aicma Ailme (A).
In alcuni scritti si trovano anche ulteriori lettere chiamate Forfeda.
Generalmente le iscrizioni oghamiche si trovano su steli funerarie o su spigoli di grosse pietre conficcate verticalmente nel terreno.
Eccezionalmente si trovano anche iscrizioni Ogham in manoscritti medioevali.
L'esempio più notevole sono le Glosse del Prisciano di San Gallo (IX sec.).

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mercoledì 4 giugno 2014

Ys




L'ISOLA di YS

Ys si perde nella leggenda, quasi più di ogni altra terra perduta, al punto che viene riportata di volta in volta come isola o come città separata dal mare da un sistema di dighe. Qualcosa di grande esisteva ad Ys, se si è voluto cancellarla macchiandola come una novella Sodomia & Gomorra. Quasi che dovesse essere rapidamente dimenticata, pena la dannazione eterna, era l'ultimo baluardo di Atlantide ?  ….

Come più avanti si legge "Soltanto Ys divenne famosa, soltanto Ys acquistò il valore d'un simbolo, perché essa era situata su quel promontorio occidentale che costituiva al tempo stesso l'estrema punta, la fine del mondo degli uomini, il braccio teso dell'umanità verso il nulla. E soltanto calunniando Ys si poteva colpire la religione druidica" .

Una leggenda, molto radicata nella tradizione celtica, di una città, una residenza sommersa situata a non pochi passi dalla contea di Cornovaglia. Questa città ha il nome di Ys, parola celtica che significa "basso". Qui viveva una certa Dahud, il cui nome significa "La buona strega". Ella, figlia del re di Cornovaglia Grablon, si era costruita una magnifica città sotto il mare (da ciò la parola Ys) protetta da una diga.

Le tradizioni bretoni raccontano che la città d'Is era protetta contro l'Oceano da dighe potenti, le cui chiuse erano aperte una volta al mese sotto la presidenza del re, per dar passaggio alla sovrabbondanza dei corsi d'acqua. La città era d'una magnificenza eccessiva, il palazzo sontuoso, e la corte dedita ad ogni sorta di piaceri. La figlia del re, la principessa Dahut, era bella, civettuola e licenziosa e, nonostante l'austerità paterna, si dava a folli orge. Gradlon aveva promesso d'imporre la sua autorità, e di por freno agli scandali di sua figlia, ma l'indulgenza paterna aveva sempre avuto il sopravvento nel suo cuore. La giovine principessa formò un complotto per impadronirsi dell'autorità reale, e il vecchio re non tardò ad essere relegato nel fondo del suo sesso palazzo. Essa presiedete alla cerimonia e perfino all'apertura delle chiuse, ed ebbe la fantasia di aprirle essa stessa in un giorno di grande marea!… Era la sera; il re vide giungere davanti a lui San Guénolé, l'apostolo della Bretagna, che veniva ad annunciargli l'imprudenza della figlia; il mare penetrava nella città, la tempesta lo spingeva davanti a sé, e non v'era ormai più che a fuggire, essendo ormai la città intera destinata a disparire. Gradlon volle ancora salvare la figlia sua dalle conseguenze della sua folle imprudenza; egli mandò a cercarla, la prese in groppa al suo cavallo e seguito dai suoi ufficiali, si diresse verso le porte della città. Al momento in cui le oltrepassava, un lungo muggito risuonò dietro a lui; egli si rivolse e mandò un grido! Al posto della città d'Is si estendeva una baia immensa, sulla quale si rifletteva la luce delle stelle. Ma già le onde frementi arrivavano fino a lui. Esse stavano per raggiungerlo ed atterrarlo, nonostante il galoppo dei cavalli, allorché una voce gridò: "Gradlon! Se non vuoi perire, sbarazzati dal demonio che porti dietro a te". Dahout, atterrita, sentì le sue forze abbandonarla; un velo si stese sui suoi occhi; le sue mani, che stringevano convulsamente il petto del padre suo, si agghiacciarono e ricaddero senza forze; essa cadde travolta nei flutti. Non appena essi l'ebbero inghiottita, che si arrestarono. Quanto al re, egli arrivò sano e salvo a Quimper, e si stabilì in questa città che divenne la capitale della Cornovaglia."
Questa che raccontammo è indubbiamente una leggenda: ma essa ricopre un fondo di verità: la sommersione incontrastabile di una grande città al V secolo dell'era nostra.

Secondo il Prof. Jeah Markle questa ragazza conduceva una vita dissoluta e questa dissolutezza venne accentuata ancora di più dopo che la leggenda subì il flusso del Cristianesimo.
La leggenda non termina qui. Si dice infatti che Dahud viva ancora nel suo meraviglioso palazzo in fondo al mare e aspetti il momento adatto per ritornare in superficie. Quando questo avverrà, Ys sarà la città più bella e più ricca del mondo.

È veramente esistita questa città e la sua strega oppure la vicenda di Dahud è solo leggenda? Alcuni ricercatori sono dell'opinione che la città sia esistita veramente, poiché si sono verificati effettivamente dei cataclismi verso il 1200 a.C. che potrebbero aver ispirato gli antichi racconti. A seguito di queste inondazioni il livello dei mari, dei laghi e delle paludi si abbassò in Europa di qualche metro, e il processo venne accelerato dalla diminuzione di umidità. Ma alla fine dell'età del bronzo o nel primo periodo di Hallstatt (530 a.C.) avvenne un nuovo mutamento climatico. In seguito a piogge diluviali che provocarono inondazioni, le coste del Mar del Nord vennero parzialmente sommerse, e con esse parecchi porti del Baltico, della Bretagna, del Galles e dell'Irlanda. In queste inondazioni anche Ys sarebbe potuta essere stata sommersa, poiché vicina alle coste Inglesi. La collera divina che fa definitivamente scomparire la città dai flutti e la capacità magiche di Dahud forse sono solo fantasie o aggiunte da parte della Chiesa cristiana.
Certo che l'esistenza di questa città e il fatto che molti porti furono travolti dalle acque ci suggerisce il fatto che potrebbero essere esistite veramente terre simili. Le ultime vestigia di Atlantide? I campi Elisi erano parte di queste isole? Ys era forse una eco della civiltà Atlantidea, in parte ancora in piedi nel 1200 a.C.? Dahud faceva forse parte dell'élite Atalntidea?
Atlantide,secondo le leggende, affondò all'incirca nel 10.000 a.C. Come è possibile che nel 1200 a.C. fosse ancora abitata?

Atlantide era un continente che ospitava una razza superiore, non possiamo dire se giunta della stelle o nativa del pianeta terra, che aveva un grande sapere di tipo tecnologico, spirituale e filosofico. Per cause naturali: terremoti, eruzioni vulcaniche, maremoti o per l'uso, secondo alcuni studiosi, improprio di energia nucleare o di un eccessivo potere dei diamanti da parte di sacerdoti corrotti, vide segnata la sua fine. Una fine che tuttavia non fu totale, sia perché c'era tutto un mondo da colonizzare sia perchè qualche pezzo di terra di questo continente potrebbe essere rimasto abitabile. C'è da considerare tuttavia che la colonizzazione avvenne in parecchi anni e in questo lungo periodo di colonizzazione, dall'originale nucleo atlantideo nacquero nuove etnie quali i Greci, i Fenici, i popoli del Mare, i Cretesi, gli Egizi e i Celti.

Durante questo periodo di migrazioni e colonizzazioni dovette esserci un capo, coordinatore dei sopravvissuti. Questo capo potrebbe essere stato benissimo il re Grablon, visto come un sacerdote-mago dotato di poteri particolari, che ha un forte corrispettivo nella casta sacerdotale dei Druidi. Forse l'attributo re è stato dato solo per disegnare le sue capacità, tali da sembrare degne appunto di un monarca. Ricordiamo infatti dalla storia antica che il re spesso e volentieri era visto come un Dio. Questo re-sacerdote aveva una figlia, anche essa'dotata di poteri particolari, tanto da meritarsi l'appellativo di Dahud (buona strega), che per capriccio si fece fare questa stupenda residenza sottomarina.
Improvvisamente, nel 1200 a.C. un altro maremoto sconvolse la Terra, e Ys venne cancellata insieme alle numerosi isole del vecchio continente Atlantideo, inabissandosi a chissà quale profondità. Divenne così parte della leggenda e fu attribuito a Dio l'opera della sua distruzione. La leggenda vuole inoltre che Ys riposi ancora nelle profondità del mare, in attesa di riemergere e tornare al suo antico splendore. Forse gli Atlantidei superstiti dimorano ancora nelle profondità degli oceani con lo scopo di ricostruire il loro regno? Ys sarebbe soltanto un piccolo pezzo di un immenso impero perduto! Riferendoci al passato infatti potrebbe essere stata una buona colonia degnamente costruita per dar sostegno agli ultimi superstiti del mondo prediluviano, ma allo stesso tempo un ottimo e geniale mezzo per diffondere la civiltà su altre terre. Inoltre, è da considerare che questa civiltà portò la cultura non solo in Inghilterra, ma all'intero globo, dando vita alla nostra civiltà globale. Noi siamo parte di questa cultura, poiché siamo parte dei Celti, dei Greci e di tutti gli altri popoli del Mediterraneo.
(PASQUALE ARCIUOLO)

Nella sua celebre opera «Il mondo prima della creazione dell'uomo» (traduzione italiana di Diego Sant'Ambrogio, Milano, Società Editrice Sonzogno, 1911, pp. 267-270), così il divulgatore scientifico francese rievoca il leggendario racconto sulla drammatica fine di Ys:

«Nella baia di Douarnenez esisteva anticamente una città celebre, la città d'Is, di cui la leggenda del re Gradlon ha illustrato la fine così tragica. Ai primi secoli dell'era nostra, questa città era ancora fiorente, benché già minacciata dal mare e protetta dalle dighe. Si ritiene sia avvenuta nell'anno 444 l'invasione delle acque che inghiottirono definitivamente queste popolazioni. Si vedon ancor oggi, a bassa marea, alcune vecchie mura che portano il nome di "Mogher-Greghi" mura dei Greci."

È sulle rive desolate della baia de' Trapassati (Finisterre) che si rinvengono le vestigia dell'antica città. Molte strade antiche vanno a finire oggidì nel mare, e si prolungavano in passato nella baia di Douarnenez.


Un altro studio sul mistero della città di Ys e della sua tragica scomparsa nei flutti dell'Oceano Atlantico è svolto da René Thévenin nella sua monografia ormai classica «I paesi leggendari» (titolo originale: «Les pays légendaires devant la science»; traduzione italiana di Luigi Confalonieri, Milano, Garzanti, 1950, pp. 75-78):

«Non è necessario che un avvenimento sia molto lontano nel tempo perché la leggenda se ne impadronisca, se quest'avvenimento non esiste più che allo stato di ricordo. Sono accaduti fatti, nei nostri paesi e a una data storica, che il mistero circonda ancora, come se appartenessero all'antica mitologia. E, come per l'antichità, i commentatori non riescono a mettersi d'accordo quando vogliono liberare la verità dai veli della favola. [...] Di questa tragica storia, che ha molte varianti, rimane un fatto incontestabile, l'ultimo. È vero che ai nostri giorni, quando le circostanze e il tempo lo permettono, si ritrovano in quei luoghi le vestigia di una città sommersa. Si tratta infatti di un'antica città, capolinea di strade romane e che, se si cerca di precisare la sua storia, fu distrutta da una furiosa mareggiata o da uno sprofondamento del suolo, nel 441, o secondo altri scrittori, nel 395.
Ora, basta studiare il rilievo di tutta questa costa bretone, della costa normanna che le è vicina, e della costa inglese che la fronteggia, per rendersi conto della lotta incessante fra il mare e la terra e della vittoria che riporta l'assalitore sulla difesa passiva dell'assediata. Non è qui il luogo di passare in rivista gli episodi di questa lotta, impegnata con fortune diverse, da centinaia di milioni d'anni, dal giorno in cui i primi graniti bretoni sbucavano dal seno d'un oceano fino allora deserto. Ma senza risalire a quelle origini si può ricordare che al momento d'uno dei più grandi progressi dell'emersione continentale, nel pliocene, cioè in un tempo relativamente vicino al nostro, , in cui cominciavano a mostrarsi il bisonte, il cavallo, o l'elefante, la Francia e l'Olanda riunite all'Inghilterra , e l'Inghilterra riunita all'Irlanda, non formavano che un vasto promontorio occidentale, attraverso il quale serpeggiava, verso nord, il Reno ingrossato dall'Elba e dal Tamigi, dalla Tweed e dalla Tay, prima di sfociare nel mare alla latitudine della Scozia, mentre la Senna, che riceveva i fiumi bretoni e quelli del nord dell'Inghilterra attraversava dei territori stendentisi al nord della Normandia e della Bretagna e non sboccava che nell'oceano che molto all'ovest di quest'ultima.
La catastrofe di Ys non è dunque che un beve episodio di questa lotta ed ha importanza solo perché la Storia ne ha raccolto e interpretato a suo modo l'eco. Della personalità del re Grallon e della sua turbolenta progenitura non sappiamo nulla di certo. Ma alle più basse maree dell'equinozio, presso il capo di Van e di Trongueur, nella baia di Douarnenez, si son ritrovate fin dal XVI secolo le strade sommerse e le mura della città. Questa, d'altra parte, ha conservato una certa celebrità grazie ai personaggi che vi si son fatti vivere, a torto o a ragione. Ma non è la sola delle stesse regioni che abbia subito, nello stesso tempo, la stessa sorte. Vicino a Plogoff, si distinguono nettamente, sotto la superficie dei "menhir" (monumenti megalitici), delle mura, delle strade lastricate. Si sono ritrovate altre città sommerse in fondo all'Aber Vrac'h, presso Erquy, ecc. E gli annali del tempo di Carlomagno ci raccontano che, nella baia di Cancale, la cittadella di Gardoine o Gardone, che aveva osato resistere vittoriosamente al grande imperatore e così sia incorsa nella sua maledizione, fu a sua volta inghiottita nel mare dalla collera di Dio.»


Scrive dunque Massimo Centini nel libro «Città, luoghi e continenti scomparsi»Milano (De Vecchi Editore, 2003, pp. 115-116), a proposito dell'enigma di Ys:

«La fiorente città di Ys, secondo la tradizione si trovava sulla costa della Bretagna. Si narra che il re Gradlon amministrasse con saggezza questa città, ma che sua figlia Dahut, troppo viziata, si abbandonasse a ogni genere di trasgressioni. un giorno, per andare trovare un amante, sottrasse la chiave con cui potevano essere alzate e abbassate le grandi porte che regolavano gli afflussi delle acque: lontana da casa, dimenticò di tornare prima dell'alta marea e Ys fu devastata dalle acque. Secondo un modello ricorrente, dunque, la città fu distrutta in seguito a un'alterazione delle regole - che in questi "schemi" sono quasi sempre morali - da parte di un membro della collettività.
Forse, dietro la leggenda sulla distruzione di Ys vi è un evento naturale (un maremoto?) che coinvolse anche altre località, ma per qualche sconosciuto motivo solo questa città acquisì una qualche notorietà: lungo tutto il litorale della Bretagna, "grandi e piccoli centri abitati, oltre a molte ville e residenze padronali isolate, sprofondarono nei flutti. Ma soltanto Ys divenne famosa, soltanto Ys acquistò il valore d'un simbolo, perché essa era situata su quel promontorio occidentale che costituiva al tempo stesso l'estrema punta, la fine del mondo degli uomini, il braccio teso dell'umanità verso il nulla. E soltanto calunniando Ys si poteva colpire la religione druidica" (H. Schreiber, "Città scomparse", Milano, 1971, pag. 27).

YS è indubbiamente una leggenda: ma essa ricopre un fondo di verità: la sommersione incontrastabile di una grande città al V secolo dell'era nostra.
Alla città d'Is si può aggiungere come esempio di regioni sommerse dalle invasioni del mare, la città di Herbadilla, vicino a Nantes, di cui parla Gregorio di Tours (essa era sotto la sua giurisdizione) e che fu inghiottita a' suoi tempi, verso il 580; quella di Tolento, non lunge da Brest; quella di Nazado, vicino ad Erqy; quella di Garloine, nella pianura di Dol, che disparve ai tempi di Carlomagno. Dalla foce della Loira fino al Finisterre, non vi è una costa ove non si rinvengano vestigia d'abitazione. Il litorale di Morhiban parrebbe essersi abbassato di cinque metri a Closmadeuc.
Vi erano foreste sulla riva di Dunkerque, occupanti le spiagge bagnate oggidì dal mare. La spiaggia d'Etaples conteneva un numero così grande di alberi sepolti nella spiaggia, che lo Stato ha messo in aggiudicazione il diritto di estrarli. Fondazioni romane furono scoperte a Sangatte. Si rinvennero all'ovest di Calais i resti d'una foresta sommersa, in mezzo alla quale si sono riconosciute ossa di bisonti (auroch),e conchiglie d'acqua dolce, ciò che prova come, in un'epoca geologica recente, la costa era più elevata che non ai giorni nostri. A quest'epoca, al principio del periodo Quaternario, il passo di Calais non era ancora aperto alle acque dell'Oceano che si precipitano nelle acque del mare del Nord; l'Inghilterra era tuttora congiunta alla Francia.»

Articolo ripreso da :  http://isolafelice.forumcommunity.net/




domenica 1 giugno 2014

Lyonesse

Lyonesse

Lyonesse, Lyoness, o Lyonnesse è un'isola leggendaria scomparsa, che, secondo la tradizione, faceva parte delle isole Scilly (sud-ovest della Cornovaglia). È stata più volte associata con Avalon. La famiglia Trevelyan di Cornovaglia prende il suo stemma da una leggenda locale: "quando Lyonesse fu sommersa dalle acque, solo un uomo di nome Trevelyan riuscì a scappare su un cavallo bianco". Da quel giorno sullo scudo della famiglia fu rappresentato un cavallo bianco che emerge dalle onde.

Ci sono tracce del fatto che nel periodo romano le isole di Scilly comprendevano una grande isola, conosciuta come Siluram Insulam (o Sylina Insula). Secondo la leggenda, Lyonesse si estendeva da Scilly all'estremità occidentale della Cornovaglia ed ebbe 140 chiese. La sua capitale era la Città dei leoni (a volte riferita con il nome di Carlyon). I nomi dei tradizionali sovrani di Lyonesse derivano dalla mitologia gallese e da quella arturiana. Tristram Fawr sarebbe stato un personaggio storico della Cornovaglia. (Tristano)

Lyonesse nella mitologia celtica

La leggende di un regno scomparso appare nella mitologia bretone e in quella della Cornovaglia. In epoca cristiana ciò fu visto come una specie di Sodoma e Gomorra di Cornovaglia, cioè come un esempio di punizione divina provocata da una vita non virtuosa, sebbene nel pensiero cornico Lyonesse rimase come una terra mistica e mitica, comparabile al Tir na nÓg della mitologia irlandese.

Esiste un parallelo bretone nella storia della città d'Ys, anche questa sommersa dalle acque come risultato della sua immoralità e con un solo sopravvissuto, scappato su un cavallo: re Gradlon.


È stato suggerito che la leggenda di Lyonesse rappresenti una straordinaria sopravvivenza della memoria popolare dell'inondazione delle isole di Scilly e della baia di Mount (vicino a Penzance). Per esempio, il nome cornico di monte san Michele è Carrack Looz en Cooz - letteralmente, "la roccia grigia nel bosco". La popolazione della Cornovaglia attorno a Penzance crede ancora in maniera molto forte in una foresta sommersa nella baia di Mount, di cui vengono mostrate "tracce" ai visitatori (petrified drift wood).

Wikipedia


domenica 20 gennaio 2013

Gli Hatti e la città di Çatal Hüyük

Çatal Hüyük, la più antica città della quale a oggi abbiamo notizia. Si trova a sud-est di Ankara. E fu costruita ed abitata da un antico popolo, gli Hatti. I resti di questa città si trovano su 19 metri di strati dovuti a ricostruzioni e abbattimenti subiti nel corso della sua lunga vita. Gli strati più bassi partono da circa l’ anno 8000 a.C. Siamo nel primo neolitico. La storia di Catal Huyuk è abbastanza nota a partire da circa il 6500 a.C., per cui vi sono circa duemila anni ancora da studiare e decifrare. Una singolare caratteristica urbanistica era che l’antica città non aveva strade ed era composta da case ammassate l’una sull’altra, a scopo difensivo, a cui si accedeva tramite scale a pioli poggiate sui tetti. Le case potevano essere a più piani, avevano poche stanze, presentavano un’intelaiatura in legno ed un rivestimento, che veniva annualmente intonacato, costituito da mattoni, fatti di fango e paglia essiccati. Gli Hatti sapevano lavorare i metalli e la ceramica. Amavano l'arte pittorica, che utilizzavano per scopi sia religiosi che ornamentali. Erano per la gran parte pastori e si avvalevano dell'aiuto del cane. Avevano una certa cura nell'abbigliamento in fabbricavano tessuti che venivano anche tinti. Dai resti ritrovati negli scavi archeologici si può dedurre che avessero un’alimentazione abbastanza varia e una discreta cura dei denti e dell’igiene del corpo.
Probabilmente a seguito di un incendio o di un catastrofico evento naturale (forse un'eruzione vulcanica) Catal Huyuk venne abbandonata intorno al 5700 a.C. La città millenaria fu distrutta ma la civiltà degli Hatti rimase vitale e solida. Infatti venne fondata una nuova città nei pressi della precedente: Catal Huyuk Ovest, che fu abitata per circa 700 anni e poi abbandonata anch'essa a causa di un incendio. Successivamente, vennero fondate altre città, divenute ora famosi siti archeologici, in cui l’assetto urbanistico e la tipologia mostrano l’evoluzione della civiltà degli Hatti: Mersin-Tarso, Can Hasan, Beycesultan, Troia, Alaja Huyuk, Kultepe. Sarà proprio da Kultepe che comincerà la comparsa degli Ittiti.
Non avendo questo popolo lasciato testimonianze scritte dirette, ciò che oggi si sa sugli Hatti viene da testimonianze indirette di altre popolazioni e dagli scavi archeologici. È probabile che i sovrani Hatti usassero scribi che scrivevano in assiro per condurre gli affari in Mesopotamia. L'antico nome dell'Anatolia, cioè Terra di Hatti compare per la prima volta in tavolette mesopotamiche in cuneiforme degli Accadi (seconda metà del III millennio a.C.), tavolette in cui i mercanti assiri chiedono aiuto al re accadico Sargon. Questa definizione di Terra di Hatti continuò a essere usata fino al 630 a.C., come dimostrano le cronache assire. Questo popolo parlava una lingua non indoeuropea, connessa con quella dei Khaldi/Kardu. Alla fine questo popolo si mescolò o fu rimpiazzato dagli Ittiti, che parlavano una lingua indoeuropea.
Gli Hatti erano organizzati in città-stato e piccoli regni teocratici che furono poi conquistati uno a uno dagli Ittiti dopo il 2200 a.C. Anche dopo questa conquista gli Hatti continuarono a rappresentare la maggior parte della popolazione. Per questa ragione influenzarono molto gli Ittiti, da cui presero gran parte della religione e della mitologia. La differenza tra Hatti e Ittiti emerge anche dalle descrizioni che gli Egiziani danno in occasione della Battaglia di Kadesh che parlano di individui molto diversi tra loro nell'aspetto.
È falso pensare che gli Hatti divennero poi gli Ittiti, perché questi ultimi erano un popolo indouropeo etnicamente e linguisticamente diverso da quello degli Hatti. È comunque vero che gli Ittiti continuarono a utilizzare l'espressione Terra di Hatti per indicare il loro paese.
(Fonte Wiki)




venerdì 18 gennaio 2013

NEFERTITI REGINA D'EGITTO


La regina del Nilo, consorte di Akhenaton e co-reggente durante la XVIII dinastia (1550-1292 aC). Nefertiti significa: "Il bello è arrivato." Ha vissuto a Tell El Amarna, città costruita dal faraone per adorare il loro dio Aton.. Si ritiene che Nefertiti era probabilmente una lontana parente di Akhenaton.

Durante il suo regno come regina, l'Egitto passò radicali cambiamenti religiosi. Akhenaton  sconvolse centinaia di anni di culti a favore di un nuovo concetto di monoteismo. Gli antichi dèi erano stati banditi, i templi chiusi, ei sacerdoti costretti a modificare le proprie abitudini. Molti storici ritengono questo passaggio incontrò l’ostilità sia dei sacerdoti che di buona parte dei cittadini abituati a venerare le rispettive fedi. Nel corso della co-reggenza, Nefertiti si adoperò per promuovere il vento di rinnovamento  cavalcato da Akhenaton a questo scopo cambiò il suo nome in  in Neferneferuaten-Nefertiti significato," Aton è raggiante di splendore perché il bello è venuto.

Il suo regno durò solo dodici anni, ma in quel tempo fu forse una delle regine più potenti che mai abbiamo regnato. Come regina, ricoprì ruoli di potere e si  mostrò in modi solo i re egiziani fatto. Ad esempio, è stata spesso raffigurato con la corona di un faraone o in scene di battaglia colpendo i suoi nemici.
Akhenaton aveva una tale considerazione di Nefertitti , che le permise di praticare il sacerdozio della nuova religione di Aten.
             
 Molti egittologi ritengono che Akhenaton nacque con malformazioni che ostacolarono il pieno svolgimento del suo ruolo di regnante. Uno dei disturbi era probabilmente legato ad un forte deficit visivo. Questo problema potrebbe aver complicato notevolmente la sua reggenza rendendo di vitale importanza  il ruolo di Nefertiti tanto che arrivò a mettere il suo nome accanto al suo nel suo stemma reale. Questo gesto fu molto particolare in quanto simboleggiava lo stato di uguale.

La devastazione occorsa alla città di Tell El Amarna per opera delle caste sacerdotali dei vecchi culti rende impossibile determinare le cause della morte di Nefertiti alcune teorie arrivano a supporre che Smenkhare l’immediato successore di Akhenaton, fosse in realtà la stessa regina atteggiata a uomo per farsi accettare come re e traghettare così il periodo fino alla reggenza di Tutankhaton (in seguito divenuto Tutankhamon ) figlio di Akhenaton e di una delle sorelle dello stesso Faraone. 




domenica 2 settembre 2012

Amaterasu

Amaterasu
 (nome completo: Amaterasu ômikami.La Grande Divinità che illumina il Cielo').


Amaterasu, o la dea del sole, è la principale divinità della mitologia Shintoista.
Secondo questa mitologia, lei è la progenitrice della stirpe imperiale; ovvero, tutti gli imperatori giapponesi sono connessi a Amaterasu e quindi divini loro stessi.
Nella religione Shintoista, Ameterasu ,figlia di Inzanagi e sorella di Susanoo, è una delle divinità più venerate in quanto dea del Sole ; l'episodio più famoso è quando il fratello Susanoo distrugge gli argini delle risaie da lei piantate sulla terra, e costruisce i fossati, la dea oltraggiata si ritira in una caverna dei cieli facendo così cadere sul Mondo la Notte eterna; ma le divinità del Cielo riescono, servendosi di uno specchio, ad attirarla fuori dal suo nascondiglio e a illuminare nuovamente la Terra.
Gli oggetti portati da Amaterasu sulla terra -lo specchio, la spada e i gioielli- sono ancora oggi i simboli del Potere imperiale e gli emblemi dello Shintoismo presenti in tutti i templi.
Nei miti successivi, Amaterasu invia il suo nipote Ninigi perché discenda dai Cieli e sedi le isole giapponesi; gli elargisce le insegne regie; e sarà il bis-nipote di Ninigi, Jimmu, che diventerà il primo leggendario imperatore giapponese.
Amaterasu è venerata ad Ise Shrine, il santuario principale della religione Shintoista.
La dea del sole Amaterasu e l'uso del simbolismo solare del Giappone (ossia 'La Terra del Sol Levante') sono strettamente intrecciati e sono stati gli aspetti forti e controversi dell'interpretazione del Giappone e della presentazione di se stesso per ben oltre un millennio.


domenica 27 maggio 2012

Malden Island


Malden Island uno sterile isolotto nel pacifico, scoperto da esploratori europei agli inizi del 1800, completamente disabitato ospita i resti di una misteriosa cultura megalitica. Dai complessi di templi situati  al centro dell'isola si irradia un sistema di antiche strade che attraversa tutta l'isola come una ragnatela gigante. Questa strada composta da lastre di basalto di grandi dimensioni montate strettamente insieme, attraversa l'isola, arrivando fino alla spiaggia e scompare sotto le onde del Pacifico. 
Le strade antiche Malden Island, meglio descritta come "vie lastricate," sono molto simili a Metua Ara, una strada asfaltata sull'isola di Rarotonga, 1.000 miglia (1.610 km) a sud di Malden. La strada Ara Metua su Rarotonga è essenzialmente una strada che fa il giro per l'isola. Rarotonga, come Malden Island e molti altri nel Pacifico, ha una serie di piramidi piattaforme collegate dalle strade megalitiche.
Malden Island è un luogo deserto a mille miglia da qualsiasi luogo, perché contenga templi, piramidi piattaforme e antichi sentieri lastricati che conducono direttamente in mare è ancora un mistero.
Diverse piramidi, piattaforme, megaliti, e pile di pietre strane sono sparsi Malden Island. Misura piramidi a gradino e troncato nell'intervallo di 30 9 m) di altezza, 20 a 60 piedi (6-18 m) di larghezza e 90 a 200 piedi (27-60 m) di lunghezza. Le piramidi sono avvicinati per vie lastricate dal mare e sono ricoperti con dolmen o "pietre della bussola." Questi 40 templi di pietra su Malden Island sono descritti come simili nel design agli edifici di Nan Madol su Pohnpei, a circa 3400 miglia (5475 km) di distanza.
Qual era lo scopo di tutte queste piattaforme? Erano parte di un antico culto del sole ? Altari per i capi polinesiani ? Oppure un "crocevia" di incontro per una nazione marinara? E che dire delle strade lastricate che portano in mare? Prove per il continente perduto di Mu Pacifico, o Lemuria? La speculazione suggerisce anche che Malden Island sia posizionata su un punto potere speciale sulla Griglia della Terra, riconosciuto e venerato dagli antichi. L'isola potrebbe essere stato un luogo importante di sosta per viaggi nel Pacifico, ma la realtà è che nessuno lo sa veramente. Una cosa è certa, una misteriosa civiltà ha profuso una grande quantità di sforzi nella costruzione di monumenti megalitici in un'isola che non poteva supportare neppure una piccola popolazione.

http://en.wikipedia.org/wiki/Malden_Island